giovedì 9 gennaio 2025

QUEL CHE PENSO SCRIVO... ...

Immagini prese dal web 
Rooms by the Sea”, Edward Hopper

 Sovente mi capita di pensare al valore di chiedere a chi mi sta difronte come stia.Credo che questo quesito spesso venga posto come abitudine  e non con interesse sincero verso lo stato d'animo di una persona . A porre questa domanda sono molto cauta e non mi viene nell'immediato . Mi pare di guardare il vuoto,di affacciarmi su una visuale troppo dispersiva e preferisco non fare di questa domanda un' abitudine di cortesia visto che a quella domanda non posso sopperire con aiuto concreto,  anche solo di ascolto. 

Se chiedo  è  perché voglio dare qualcosa di mio all'altro e farmi presenza. Se non ne sono in grado ciò  non significa che non mi importi ma ,semplicemente, non sono nello stato adatto per farlo.

Però  analizzando alcuni comportamenti  ho capito che non sempre chiedere  agli altri come si stia significhi interessarsi alla persona.In genere spesso la risposta che già  ci si aspetta è  "tutto bene " e quindi poi si può  dirottare il discorso altrove.

La cosa peggiore che si possa fare in questo caso,  è porre questa domanda e poi riempirla di confronto con il proprio  vissuto. Non ti chiedo come stai per sapere realmente cosa provi ,ma per aprire un dialogo che alla fine porti a parlare di ciò che provo io,oppure  elencare esempi assurdi  di altri vissuti.Ciò  non aiuta i rapporti ,aggiunge peso allo stato d'animo di chi si potrebbe aprire ,aggiunge incomprensione e onestamente  una sensazione forte di smarrimento .

L'animo  e la mente che vivono più volte questo malsano confronto alla fine sviluppano un comportamento difensivo per sfuggire da questa domanda .Un distacco necessario.

Nel momento in cui verrebbe detto che si sta male  e che si sta vivendo  un periodo difficile , potrebbe accadere che l'altro  inizi a parlare  di sé o di altri,  convinto  che un confronto serva a qualcosa .

In tal caso sarebbe meglio  che questa domanda non venisse fatta.

Questo  anche per risparmiare la pantomima di dover far finta di  avere  un fasullo dialogo  momentaneo che lavi la coscienza  dell'interllocutore  e soddisfi la sua voglia di conoscere qualcosa, semplicemente per compiacere il suo ego o peggio per credersi presenza nella vita degli  altri.

Se la dinamica è questa ,la domanda "come stai?"  può assumere le fondamenta  di un egocentrismo  focalizzato su un se' inascoltato  che cerca di mettersi al centro  trovando la propria  validità in un fittizio supporto.

Tale supporto poiché non è sincero diventa pesante da sostenere e finisce per essere la causa di una chiusura. 


Affacciarsi sulla vita degli  altri è  come affacciarsi sul vuoto  ,su uno spazio infinito che non dovremmo  delimitate a nostra esigenza .Si può  scegliere di  restare fermi in silenzio a guardare ,ad esserci al momento opportuno senza un senso del dovere che forse rende tutto meccanico,oppure si può  invadere quello spazio con il proprio  io e succhiare le energie altrui. 

Si può  sempre scegliere di essere  sinceri dicendo "vorrei aiutarti ma non so come fare se tu hai voglia posso ascoltarti"

Ma per farlo bisogna iniziare a sgretolarsi in un dialogo interiore che non è  da tutti  perché comporta una rinascita .L'ascolto vero comporta sapersi mettere da parte, custodire le confidenze altrui anche in silenzio, significa dare spazio all'altro. Se ciò non avviene vi è uno squilibrio che ha delle conseguenze inevitabili. 

Colomba Belforte

11.04.2024

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